I visitatori riservano un tavolo per i pasti gustosi di qui godendosi la vista del Le Cornici di Sergio Colussa. Assaggia il menu di cucina italiana di questo posto. Vieni in questo ristorante per una pausa e ordina gli ottimi brodo, antipasto e coda di rospo. Vieni qui quando hai fame di curatissimi semifreddo, crema al forno e strudel. Parecchi ospiti hanno notato che puoi bere cordiale, vino della casa o sherry secco deliziosi al ristorante Trattoria Alla Vedova. Secondo l'opinione degli ospiti, qui propongono un caffè davvero ottimo.
A giudicare dai commenti dei visitatori il personale è piuttosto amichevole in questo locale. È sempre un piacere passare un po' di tempo mangiando qui, grazie allo spettacolare servizio. Diversi visitatori riportano che i prezzi sono ragionevoli per quello che ti danno. Grazie al gradevole camino, gli ospiti si sentono come a casa qui. Questo ristoranteè una selezione Michelin e ha ottenuto il premio di 1 forchetta nera: secondo l'opinione degli ispettori questo significa che Trattoria Alla Vedova fornisce un'atmosfera piuttosto rilassante.
L’overbooking in ristorante è altrettanto fastidioso e non è MAI comprensibile.
Dopo forse trent’anni ritorno “Alla Vedova”. Riconosco che, pur non essendo superstizioso, offrire un pranzo a mia moglie “Alla Vedova” non mi mette affatto a mio agio. Però con i suoi duecento anni di storia e una costante presenza sulla guida Michelin non posso certo farmi condizionare dal nome.
Prenoto, indicando con precisione l’orario di arrivo.
L’immobile è in ristrutturazione, ma l’accesso è comunque agevole e non richiede eccessivi slalom tra ponteggi e impalcature.
Qualche precauzione in più deve invece essere adottata all’interno per evitare collisioni con stoviglie, portate e camerieri decisamente troppo impegnati per accorgersi del cliente in attesa all’ingresso.
Finalmente qualcuno si accorge dei nuovi arrivati. Però … la prenotazione non c’è.
Quasi come novella archeologa alla ricerca dell’arca perduta, la titolare, con la massima cortesia, ma non senza un evidente imbarazzo, analizza l’agenda, ne interpreta le scritturazioni non sempre di facile decifrazione, indaga su chi abbia ricevuto la telefonata … e la prenotazione finalmente appare. Su un foglietto colorato che non è stato trascritto in agenda!
Peccato però che, trovata la prenotazione, il ristorante sia al completo e il posto non ci sia.
Ma qualcuno è già arrivato al secondo: pochi minuti e il posto sarà senz’altro disponibile.
Vengo fatto sedere nella zona bar, separata dalla zona pranzo e priva di riscaldamento, e mi viene offerto l’aperitivo con il classico grissino con prosciutto. Oggettivamente la situazione non è piacevolissima.
Sulla parete di fronte c’è il trofeo di un cervo, o forse di un daino, con addobbi natalizi e lanterne appese al palco, che con il suo sguardo triste sembra dirmi “A me è andata male, ma neanche a te sta andando troppo bene …”.
Passa circa mezz’ora. L’imbarazzo delle titolari è palpabile. Sinceramente mi dispiace. Me ne andrei, ma lo trovo irrispettoso per il lavoro altrui, che ritengo debba comunque sempre essere rispettato.
Chiedo se c’è la possibilità di avere una stufetta, che mi viene cortesemente fornita, ottenendo il risultato che il grissino con il prosciutto, tutt’altro che disprezzabile ad onor del vero, viene aromatizzato dal bouquet del combustibile della stufa catalitica.
Dopo cinquanta minuti dall’arrivo, e non senza ulteriori aggiustamenti all’assetto della sala, il posto viene trovato.
Cucina. Che dire. Né il mio umore, né lo spirito sono certamente dei migliori. Indubbiamente da un ristorante/trattoria da sempre presente sulla guida Michelin mi sarei aspettato di più.
La polenta morbida con funghi e scaglie di grana è depennata dal menù e sostituita con un piatto assolutamente accettabile, ma che non è quello indicato sul menù.
La Rosa di Gorizia con pere, montasio e balsamico è buona. Però non è Rosa di Gorizia, ma è Rosa dell’Isonzo, che probabilmente non può essere presentata come tale perché finché il Consorzio non la valorizzerà adeguatamente nessuno la conosce.
Il cabernet sauvignon al calice (il codice della strada lo impone!) ha la sua validità, ma non si può dichiarare “Le apro una bottiglia”, apertura per altro gradita, ma non richiesta, e poi mandare un cameriere che, se non proprio con un fondo di bottiglia, serve il calice quanto meno con l’ultimo quarto della bottiglia.
Buoni, ma non certamente da guida Michelin, i tortelloni ripieni di ricotta e carciofi. Sicuramente da rivedere l’interazione tra i sapori negli gnocchi di zucca con ricotta affumicata.
Gustosa e ben preparata la tartare di manzo e indubbiamente interessante la salsa all’erbetta rossa e kren. Anche se servita in una ciotolina talmente piccola da dare veramente l’impressione che si trattasse di un avanzo della salsa. In fin dei conti non è tartufo: se erbetta rossa e kren si avanzano e vengono buttati non è un dramma.
Buono anche il musetto e brovada. Ma buono come lo si potrebbe trovare in un qualsiasi agriturismo, non con le aspettative di un ristorante citato dalla guida Michelin.
Forse per la prima volta ho veramente dubitato dell’oggettività degli ispettori Michelin.
Ottimo, veramente ottimo, il tiramisù della casa e buono anche il budino di uva fragola con frollini, anche questi probabilmente finiti perché ce n’erano giusto due, e proprio frollini ini ini…
Termino il pranzo non più sotto lo sguardo del cervo, ma di quello di Cecco Beppe, o se vogliamo dare al locale quell’austerità che parrebbe meritare, di Francesco Giuseppe I d’Asburgo-Lorena, imperatore d’Austria, che dalla riproduzione di una foto dell’inizio del novecento mi guarda severo dalla parete di fronte.
E anche lui pare ricordarmi la necessità di saper apprezzare ciò che si ha, tanto o poco che sia.
Ho pranzato il 21 gennaio, nel centesimo anniversario della morte di Lenin. E a lui le cose non sono andate proprio bene bene.
E anche Cecco Beppe, il Kaiser il cui nome è ancora riportato nell’antica insegna fuori dal locale, alla fin fine è stato un perdente.
Io ho, sì, aspettato quasi un’ora, ma tutto sommato ho la pancia piena.
Marco Marmiere - San Daniele del Friuli